Ritessere

A partire dall’antico telaio tirato fuori da una cantina dimenticata, e ricollocato davanti la chiesa crollata della piazza del paese, seguendo i lunghi fili gialli color zafferano che per due giorni hanno unito luoghi, oggetti e parole lungo le viuzze dell’antico borgo di Pescomaggiore, a lambire le case svuotate prima dall’emigrazione poi dal terremoto, un inaspettato approdo può essere anche quello di un’idea altra di ricostruzione, che parte dai desideri e dal senso dell’abitare, e non solo da piani sovraordinati, ordinanze, mega opere, appalti e cantieri.

”Ritessere”, questo il nome della mostra itinerante allestita il 13 e 14 agosto dall’artista e scenografa milanese Anusc Castiglione e a cura dell’associazione Misa. Con bussola i ricordi, sono stati tracciati percorsi scanditi da tanti antichi oggetti quotidiani, con uno spirito ben diverso da quello di una banale esposizione di impolverato antiquariato rurale. Perchè dietro la mostra ci sono mesi e mesi di interviste e dialoghi intessuti nel contesto del progetto “Ricordare, raccontare, sperare”, con protagonisti residenti, oriundi o nuovi abitanti, giovani e anziani, al fine di ricomporre il mosaico della vita del paese, delle relazioni umane e economiche, ambientali, storiche ed emozionali.

E soprattutto perché la mostra è stato il primo passo di un percorso di ricostruzione e rivitalizzazione partecipata. A seguito infatti di una convenzione stipulata fra il WWF di Teramo e l’associazione MISA., la frazione di Pescomaggiore, troppo spesso dimenticata, è stata scelta per l’applicazione di un progetto pilota insieme al Civitella Casanova (PE), Fontecchio (AQ), Fano Adriano (TE), Castelli (TE), Santa Maria del Ponte (AQ).

Il metodo, consolidato e sperimentato nei paesi anglosassoni è quello ‘Village Design Statement”, spesso tradotto in italiano come “Statuto dei Luoghi”. ”Esso consiste – spiegano i coordinatori Claudia Comencini ed Ernesto Marinetti – in una serie di ricognizioni, questionari e incontri che portino le persone ad esprimere in maniera il più possibile condivisa i valori, i problemi, le potenzialità e le necessità del luogo in cui abitano.”

A questo scopo verranno attivate sia modalità di raccolta diretta dei dati sul posto, sia modalità di collaborazione a distanza con tutti coloro i quali non risiedono stabilmente a Pescomaggiore ma si diranno ugualmente interessati a partecipare al processo.

Il risultato finale verrà elaborato in un documento che conterrà proposte normative tecniche-attuative direttamente recepibili dalle pubbliche amministrazioni e relative descrizioni in linguaggio non tecnico per il pubblico non specializzato. Il documento potrà indirizzare l’azione dei decisori pubblici (Struttura Tecnica di Missione, Comune di L’Aquila, Gestori di servizi pubblici, etc…) inoltre potrà innescare processi di autoregolamentazione condivisa e di iniziativa diretta da parte della cittadinanza, che potrà farsi carico attivamente della manutenzione e dello sviluppo del territorio e dei suoi beni.

E intanto renderà la popolazione locale unita e concorde su un obiettivo comune, quello di ricostruire un paese bello, vivo, ospitale e capace di futuro, anche senza investimenti particolarmente ingenti.

Non è un caso che la progettazione partecipata avrà come ambiti di applicazione privilegiati proprio quei luoghi percorsi dal filo giallo della mostra Ritessere. Come la scuola del paese, abbandonata dopo l’incompiuto progetto dell’albergo diffuso. E che, con un intervento poco costoso, potrebbe diventare uno spazio comune in un borgo che non ha un bar, né locali pubblici dove potersi incontrare. Scuola che, si legge in un’altra trascrizione di memoria collettiva in mostra, ”fu chiusa quando i bambini furono finiti”. E dove ricorda un’anziana pescolana ”con un quaderno ci si faceva tutto, e quando entravamo si faceva la preghiera per per levare l’animo e mettersi in sintonia con il mondo della cultura”.

O come il forno del paese, che nel post-terremoto gli abitanti di Pescomaggiore hanno ristrutturato e rimesso in funzione con le loro forze ed entusiasmo, grazie ad una donazione dei cittadini del comune lombardo di Vimodrone. Ricostruire Pescomaggiore, si è già oservato nel primo incontro della pianificazione partecipata, significa anche poter riattivare grazie al forno comune la produzione dei famosi amaretti, e dunque la coltura della mandorla, ed anche la coltivazione dei terreni oggi abbandonati con grano solina e farro, che un tempo rendevano giallo oro queste alte valli. E per far questo non servono le costose analisi di un saggio della ricostruzione, ma può bastare uno dei ricordi a caso trascritti e messi in mostra, come l’ antico adagio paesano ”Pescomaggiore tonno tonno, quattro famiglie con un forno” o il ricordo di quel profumo di pane che ogni settimana si diffondeva per tutto il pease, e che lassù, ricorda un pescolano emigrato, ”ti faceva sentire di essere in un piccolo paradiso”

E ancora le antiche e bellissime cantine, scavate in quella roccia su cui sorge il paese e che ha limitato i danni comunque ingenti del sisma. In quelle cantine dove nel 1944 furono nascoste le persone in fuga da Filetto, poche ore prima che i nazisti consumarono l’eccidio. In un prossimo futuro quelle cantine potrebbero diventare botteghe artigiane o chissà cos’altro. Compito della pianificazione partecipata sarà proprio quella di inserire spazi privati, in un progetto comune di rivitalizzazione sociale ed economica. Senza nesusna imposizione, ma con la forza tranquilla del dialogo e del reciproco ascolto.

Un altro filo giallo sale sul castello crollato di Pescomaggiore, uno scrigno le cui pareti sono in buona parte affrescate, anche coperte da un intonaco a seguito del terremoto del 1915. Per raggiungerlo bisogna salire sulla scala dei sospiri, la stessa che nel seicento percorrevano i condannati a morte e che gli spagnoli bruciavano vivi proprio su questo monte, per fare di quel sinistro bagliore notturno un severo ammonimento a tutte le vallate circostanti. Sarà un caso,a qui si dice veniva a predicare contro la pena di morte san Bernardino da Siena, immortalato in uno dei preziosi affreschi ancora visibili affianco a quello antichissimo della madonna di Loreto. Un luogo panoramico e privilegiato per fare esperienza di quanto l’integrità del paesaggio, sia la precondizione per una ricostruzione riuscita.

Memoria collettiva e presente post-sismico: un ultimo nesso, tra i tanti possibili seguendo quel filo giallo. Un pescolano interviene alla riunione e dice: ”Nelle difficoltà bisogna essere uniti, l’unione fa la forza, altrimenti il paese non lo ricostruiamo, o lo faremo male e troppo tardi”.

Poco lontano, su ciò che resta dell’aia dove hanno costruito i Map un altro frammento di ricordo trascritto e appeso su un albero della cuccagna ed un antico ingegnoso macchinario per sgranare il granoturco: ”il lavoro dei campi non veniva pagato, c’era una vita comunitaria, oggi a me domani a te, ti ridavamo le giornate, come una paga del tempo”

 

2 Comments

  1. mi sembra davvero un evento di grande respiro per il futuro, quando sarà possibile visionare delle foto o leggere qualche resoconto o intervista ai parteciapnti ? grazie e buona vita

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *